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Non siamo una diagnosi

"Non posso sto giocando!"

Adolescenti e genitori

Le diagnosi sono raccolte in massicci volumi che cambiano nel tempo come L’International Classification of disease stilata dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità) o il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. 

La malattia descritta nei trattati e la persona che ne soffre spesso, però, non coincidono. Non dobbiamo dimenticare infatti che lo sviluppo psicobiologico, l’apprendimento sociale, il contesto affettivo e relazionale e la capacità di resilienza, ovvero la capacità di affrontare o superare eventi traumatici o avversi, contribuiscono a formare il nostro stile di personalità. 

La personalità è un’insieme di caratteristiche che interagiscono tra loro, il loro modo di integrarsi così come quello di rompersi risponde a percorsi differenti. Talvolta il sintomo parla attraverso il corpo, può accadere di ricevere una diagnosi, più o meno temporanea, duratura, che potrebbe accompagnarci per un breve periodo come esserci compagna di viaggio intermittente. Altre volte il malessere si esprime nei pensieri, nei sentimenti, negli affetti e nei comportamenti. In entrambi i casi, quando stiamo male perdiamo qualcosa, la rappresentazione di noi a cui siamo abituati, il senso di sicurezza, l’autostima. Diventiamo qualcosa che non conosciamo e che può spaventare il nostro presente e la possibilità di progettare il futuro. 

La psicoterapia tiene conto di tale complessità dell’esperienza umana, nella stanza di terapia il malessere incontra la professionalità del terapeuta, la sua responsabilità, il senso di condivisione, l’alleanza e l’autenticità. A poco a poco paziente e terapeuta orientano il loro sguardo dal disagio della persona alle sue risorse, alle sue potenzialità, alle sue capacità di adattamento e di cura di sé. La fragilità può portare la possibilità di ripensare la nostra storia e il nostro futuro.

Vittorio Lingiardi (2018) Diagnosi e destino, Torino, Einaudi

 

Adolescere vuol dire crescere, ciò che avviene in adolescenza può determinare il modo in cui la persona utilizzerà le sue potenzialità. I problemi sollevati dagli adolescenti sono talvolta complessi, possiamo raggrupparli in alcune macroaree.

I giovani sono immersi nella società digitale e frenetica, che li colloca nella situazione di fare scelte urgenti, la scuola gli chiede quale percorso di studi vogliono intraprendere, quali sono le loro aspirazioni. In cerca di una nuova identità e di una nuova rappresentazione di sé gli adolescenti sono dunque particolarmente sensibili all’immagine che gli altri gli rimandano

Professori, genitori, amici, i social fungono da specchio e possono contribuire in maniera determinante alla formazione della loro personalità. Non dobbiamo dimenticare che in questa fase evolutiva i ragazzi hanno una forte propensione ad esprimere la loro sofferenza e i loro conflitti interiori attraverso disordini agiti del comportamento. Se ad esempio sperimentano un vissuto depressivo non lo comunicheranno attraverso il linguaggio ma attraverso comportamenti di rifiuto, passività, interruzione di attività piacevoli come sport e uscite con amici, ritiro sociale.  

L’adolescente utilizza molto più volentieri il proprio corpo come mezzo d’espressione e di comunicazione con gli altri, egli si muove dalla famiglia al mondo esterno, dalla dipendenza infantile all’autonomia e in questo percorso utilizza il corpo come un compagno di viaggio. 

Sulla spinta dei cambiamenti puberali il corpo diventa adulto, sessuato, talvolta estraneo altre volte più familiare. Il processo adolescenziale coinvolge quindi l'area psichica e del comportamento, l'area corporea e il posto simbolico dell’adolescente nella società. Questi, in altre parole,  è impegnato nel compito di dare prova di sé, esprimendo le proprie potenzialità, mentre i genitori si confrontano con il tramonto della propria giovinezza e con la perdita della loro funzione protettiva nei confronti del figlio.

Philippe Jeammet (2007) Psicopatologia dell'adolescenza, Roma, Borla

Quante volte un genitore che richiama l’attenzione del proprio bambino si sente rispondere con frasi del tipo “non posso, sto giocando”, “finisco di giocare e andiamo”. Perché è così importante il gioco nell’infanzia?

In primisi perché il bambino gioca senza pressioni esterne o attese sociali sul suo comportamento, gioca per il piacere di farlo, è un'attività gratuita dove non c’è un risultato da raggiungere, è fine a sé stessa e non produce conseguenze per la vita reale. Quando il bambino, immerso in un determinato ambiente, ha a disposizione un gioco la domanda che egli si pone è "cosa posso fare io con questo oggetto?". Il gioco quindi non serve, come nel caso dell'esplorazione, a ridurre l'ansia o l'incertezza rispetto alla novità, al contrario, fa della novità lo stimolo che alimenta la fantasia.

Il gioco permette al bambini di rimanere sospesi tra due dimensioni, realtà e fantasia, regole e libertà, per poterlo praticare devono abitare in una sorta di terra di mezzo. Pensiamo al gioco del far finta, dove non solo gli oggetti possono essere utilizzati senza il vincolo della loro reale funzione, una tazzina può diventare un telefono, una corda un cavallo, ma il bambino stesso può attribuirsi innumerevoli ruoli, “sono la mamma che legge il libro”, “io sono il pilota e tu il passeggero”.

Se li osserviamo scopriremo che si sentono liberi di muoversi in un’attività separata dalla vita reale dove nessuno li ha obbligati a giocare e le regole, quando sono presenti, sono il frutto della negoziazione con gli altri giocatori.

Ecco perché i bambini mostrano un coinvolgimento attivo nel gioco, sia che si tratti di un gioco di abilità, di interazione, di vertigine, percettivo o simbolico.

Emma Baumgartner (2010) Il gioco dei bambini, Roma, Carocci


 

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Sogno e son dest... abilizzato

Altamente sensibile

Cosa vuol dire essere altamente sensibili? 
Gli studi sull'alta sensibilità sono iniziati con la psicologa e ricercatrice americana Elaine Aron, negli anni '90. La ricercatrice individuò che l'alta sensibilità è un tratto presente nel 20% della popolazione, tali persone hanno un modo diverso di percepire, analizzare e rispondere agli stimoli ambientali. E' una caratteristica innata che può portare a vantaggi o svantaggi a seconda delle esperienze e dell'ambiente in cui le persone si sviluppano. 

Alcune caratteristiche comuni delle PAS:
- Profonda empatia. Le PAS sono estremamente empatiche e sensibili alle emozioni degli altri. Possono facilmente percepire lo stato emotivo delle persone intorno a loro.

- Reattività agli stimoli.  Le PAS sono sensibili agli stimoli esterni, come rumori forti, luci intense o odori sgradevoli. Possono sentirsi facilmente sopraffatti da troppe informazioni sensoriali e preferiscono ambienti tranquilli e calmi.

- Riflessione interna. Le PAS tendono ad avere un mondo interiore ricco e complesso. Sono spesso profondamente riflessive e inclini all'autoanalisi, cercando significati più profondi nelle loro esperienze.

- Sensibilità emotiva. Le PAS sperimentano le emozioni in modo intenso e profondo. Possono essere facilmente sopraffatte da emozioni come tristezza, gioia o ansia, e possono richiedere più tempo per elaborare le proprie reazioni emotive.

- Profonda connessione con la natura e l'arte*. Le PAS spesso provano una connessione speciale con la natura e sono attratte dall'arte, dalla musica e da altre forme di espressione creativa. Queste attività possono agire come fonte di ispirazione e di ricarica emotiva.

- Percezione dei dettagli. Le PAS tendono a notare dettagli sottili nell'ambiente che le circonda, come cambiamenti di umore negli altri, piccole variazioni nell'ambiente o espressioni facciali impercettibili.

- Bisogno di ricarica solitaria. A causa della loro sensibilità agli stimoli esterni, le PAS spesso necessitano di tempo da trascorrere da sole per ricaricarsi emotivamente e mentalmente.

- Risposta intensa al conflitto. Le PAS possono reagire fortemente al conflitto o alla critica, preferendo evitare situazioni conflittuali quando possibile. Possono sentirsi facilmente ferite dalle parole o dalle azioni degli altri.

Elaine Aron (2023) Persone altamente sensibili, Mondadori

Christel Petitcollin (2019), Il potere nascosto degli ipersensibili, Brossura

Le immagini costituiscono il linguaggio del sogno. Foreste, animali, case, fiumi, animano la vita onirica del sognatore, creano una realtà virtuale, generata dalla psiche inconscia. Secondo Jung i sogni forniscono informazioni preziose, attraverso l’analisi del loro contenuto è possibile scoprire i nostri punti di forza,  chiarire criticità della vita quotidiana.

Nei sogni cadiamo, prendiamo il volo, incontriamo persone reali o creature mitologiche, combattiamo, corriamo senza meta. Talvolta ci muoviamo in un ambiente vago, con scenari simili ad un video game o ad un’opera letteraria, altre volte gli oggetti che caratterizzano l’ambiente del sogno sono ricchi di dettagli concreti e riconducibili ad associazioni personali. Ad esempio se abbiamo sognato una spiaggia assolata potremmo collegare tale immagine a persone realmente incontrate camminando in quella spiaggia. Altre volte nei sogni compaiono informazioni, immagini, simboli e temi che derivano dalla cultura dei popoli dell’umanità, si tratta dei sogni archetipici.

Al risveglio ci rendiamo conto che le immagini oniriche sono associate ad emozioni specifiche, alcune ricorrono poiché possiedono una rilevanza specifica, descrivono il punto di vista della psiche inconscia su un progetto che vogliamo realizzare o un conflitto che non riusciamo a risolvere.

Il contenuto delle immagini oniriche può essere soggettivo o oggettivo. Nel primo caso le persone che compaiono nel sogno, così come le immagini non umane e inanimate, rappresentano parti della nostra personalità. Ad esempio se sogniamo un amico che non vediamo da tanti anni è altamente probabile che il sogno non ci dia indicazioni sull’amico, visto che non fa parte della vita quotidiana, ma su una nostra caratteristica che proiettiamo nell’amico (sogno soggettivo). Se invece sogniamo un litigio con un collega di lavoro attuale è probabile che il sogno ci dia indicazioni su sentimenti ed emozioni suscitate dal collega nella vita reale (sogno oggettivo).

Il sogno può essere costruttivo, indicando una vera e propria soluzione o una possibilità di sviluppo psicologico, compensatorio, quando fornisce informazioni rispetto ad un elemento della realtà, per esempio un atteggiamento che devo cambiare rispetto ad una persona o ad una situazione; non compensatorio come nel caso dei sogni traumatici. Il loro contenuto è sconvolgente, talvolta doloroso, servono per ridurre l’angoscia, poterli raccontare ad un amico o un familiare è di per sé un modo per stare meglio.

Infine ricordiamo i sogni prospettici e profetici, entrambi anticipano gli sviluppi di un avvenimento. Se sogniamo ad esempio di fare un incidente in moto ad alta velocità e poi l’evento si verifica nella vita reale il sogno ci stava probabilmente anticipando una caratteristica della nostra personalità, essere spericolati. Il sogno profetico è molto raro, per poter essere considerato tale deve raffigurare, prima che si verifichi, lo stesso avvenimento, con la stesse caratteristiche e sequenze temporali.


Renos K. Papadoupolos (2009), Manuale di psicologia junghiana, Bergamo, Moretti&Vitali EditoriCarl Gustav Jung (2011), L’analisi dei sogni, gli archetipi dell’inconscio collettivo, la sincronicità, Bollati Boringhieri